LE OPERE

Tralasciando la sua pur interessante attività di saggista (non si può però fare a meno di citare il fondamentale saggio Sulle fiabe (On Fairy-Stories), le opere di Tolkien si possono dividere in due grandi gruppi:

- Racconti vari, solitamente di argomento fantastico e spesso considerati rivolti ai bambini;
- Opere ambientate nella Terra di Mezzo (Middle-Earth in inglese).

Alla seconda categoria appartiene ovviamente Il Signore degli Anelli, la sua opera più conosciuta.
Le opere appartenenti al primo gruppo, elencate in ordine di pubblicazione in Italia, sono le seguenti:

Il cacciatore di draghi, 1975 (Farmer Giles of Ham, 1949)
Albero e foglia, 1976, che contiene il saggio Sulle fiabe (On Fairy-Stories, 1939), i racconti brevi "Foglia di Niggle" ("Leaf by Niggle", 1945) e "Fabbro di Wootton Major" (Smith of Wootton Major, 1967) e la pièce teatrale "Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm" (The Homecoming of Beorhtnoth, 1953)
Le avventure di Tom Bombadil, 1978 (The Adventures of Tom Bombadil, 1962)
Le lettere di Babbo Natale, 1980 (The Father Christmas Letters, 1976)
Mr. Bliss, 1984 (Mr. Bliss, 1982)
Roverandom, 1998 (Roverandom, 1998)

Per quanto riguarda invece le opere ambientate nella Terra di Mezzo, che sono poi il motivo principale della fama a livello mondiale raggiunta da Tolkien mentre lo scrittore era ancora vivente, sono stati pubblicati due romanzi:

Lo Hobbit, 1973 (The Hobbit, 1937)

Il Signore degli Anelli, 1970 (The Lord of the Rings, 1954-55).
Il Signore degli Anelli
è un romanzo d'eccezione, al di fuori del tempo: chiarissimo ed enigmatico, semplice e sublime. Esso dona alla felicità del lettore ciò che la narrativa del secolo scorso sembrava incapace di offrire: avventure in luoghi remoti e terribili, episodi d'inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano solo al nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri; e tutto questo in un mondo immaginario ma ricostruito con cura meticolosa, e in effetti assolutamente verosimile, perchè dietro i suoi simboli si nasconde una realtà che dura oltre e malgrado la storia: la lotta, senza tregua, tra il bene e il male. Leggenda e fiaba, tragedia e poema cavalleresco, il romanzo di Tolkien è in realtà un'alllegoria della condizione umana che ripropone in chiave moderna i miti antichi.

Il resto è stato tutto pubblicato postumo, a cura del figlio terzogenito Christopher Tolkien, che ha riordinato la mole cospicua di appunti lasciata dal padre. In ordine di pubblicazione:

Il Silmarillion, 1978 (The Silmarillion, 1977).
Il Silmarillion, iniziato nel 1917 e la cui elaborazione è stata proseguita da Tolkien fino alla morte, rappresenta il tronco da cui si sono diramate tutte le sue successive opere narrative. «Opera prima», dunque (ma anche «ultima», e di tono assai diverso, ben più elevato delle altre), essa costituisce il repertorio mitico di Tolkien, quello da cui è derivata, direttamente o indirettamente, la filiazione delle sue favole, da Lo Hobbit a Il Signore degli Anelli, da Il cacciatore di draghi ai racconti di Albero e Foglia. Si tratta di un'opera che, nella vasta produzione di Tolkien, occupa una posizione di primato, non soltanto temporale, ma anche e soprattutto tematica e formale. Vi si narrano gli eventi della Prima Età, alla quale di continuo si rifanno, come a un necessario antecedente e a una chiave interpretativa, i personaggi e le avventure de Il Signore degli Anelli. I Tre Silmaril, nucleo simbolico della narrazione, la cui perdita e tentata riconquista costituiscono lo schema della vicenda, sono gemme tenute in altissimo conto dagli Elfi, ma concupite anche da Melkor-Morgoth, primo Signore delle Tenebre, perchè contengono la Luce dei Due Alberi di Valinor distrutti dall'Avversario.
Vera e propria mitologia i cui modelli ideali vanno ricercati nella tradizione celtica altomedievale, Il Silmarillion, che comprende cinque racconti legati come i capitoli di un'unica «storia sacra», narra la parabola di una caduta: dalla «musica degli inizi», il momento cosmogonico, alla guerra, eroica quanto disperata, di Elfi e Uomini contro l'Avversario. L'ultimo dei racconti costituisce l'antecedente immediato del Signore degli Anelli, sorta di prefazione elaborata nei toni epici che caratterizzano tutto quel grande «pentateuco» che è Il Silmarillion. Il quale non è un romanzo né una favola, bensì un'opera unica nel suo genere, forse l'unico tentativo coerente, compiuto in tempi recenti, di costruire un vero e proprio edificio mitico imperniato sulla fondamentale antitesi tra brama di possesso e poteri creativi, tra amore per la bellezza suprema e volontà di dominio, insomma tra «essere» e «avere»: un'antitesi cantata nel linguaggio, sublime e semplice insieme, che è proprio dell'antico epos.
Mai pubblicato vivente l'autore per la sua qualità di work in progress, Il Silmarillion vede la luce grazie all'opera paziente del figlio dell'autore, Christopher, che ha compiuto un attento lavoro di ricerca e collazione sui manoscritti lasciati dal padre.

Seguono i vari frammenti, ordinati principalmente per argomento.
I frammenti di maggiore rilevanza sono stati pubblicati come:

Racconti incompiuti, 1981
Alla definizione del vastissimo corpus narrativo di J.R.R. Tolkien mancavano questi Racconti incompiuti, che il figlio dello scrittore, Christopher, ha amorosamente raccolto e conservato per anni, e che qui pubblica con l'apparato di note, appendici, indici, necessario alla loro piena comprensione e al loro inquadramento anche 'storico' nell'universo tolkeniano. Va però subito detto che molto spesso questi racconti 'incompleti' appaiono in effetti in sé conclusi e pefetti, e anzi da annoverare tra le espressioni più alte dell'arte di J.R.R. Tolkien, e ne fanno fede - ma è soltanto un esempio - "Narn I Hîn Húrin" e "Aldarion ed Erendis". Impegnato a lungo nella progettazione e stesura della sua grande favola, Il Signore degli Anelli, lo scrittore continuò per decenni a sviluppare temi e filoni, per poi riporre questi suoi testi nel cassetto perché gli sembravavno non immediatamente integrabili nel disegno generale: rami collaterali, spesso però di fondamentale importanza sia formale che contenutistica, appartenenti ai due 'momenti' principali della produzione tolkeniana, il mitologico esemplificato dal Simarillion, e il favolistico (Il Signore degli Anelli, Tom Bombadil, Lo Hobbit, Albero e Foglia, eccetera).
Sono racconti che in ordine di tempo (il tempo 'altro' di quel colossale arazzo, policromo quanto coerente e unitario, che è l'opera di Tolkien) vanno dai Primi Giorni della Terra di Mezzo alla fine della Guerra dell'Anello; e vi si legge, tra l'altro, come Gandalf riuscì a spedire i nani a Hobbiville, quel che accadde allorché il dio del mare, Ulmo, si rivelò a Tuor sorgendo dalle acque sulla costa del Beleriand, qual era l'organizzazione militare dei Cavalieri di Rohan, com'era fatta l'Isola di Númenor, come si svolse la Battaglia dei Campi Iridati, e ancora tutto quello che le 'antiche cronache' narrano dei Cinque Stregoni, delle Palantíri, della leggenda di Amroth... Per gli innumerevoli fedeli di J.R.R. Tolkien, è questo il necessario completamento, e insieme la chiave ai molti enigmi lasciativi insoluti, del Signore degli Anelli e del Simarillion, con i quali forma in realtà una trilogia: un libro destinato a coloro che non s'accontentano delle vicende, dei 'fatti', ma vogliono esplorare fino in fondo la Terra di Mezzo con i suoi linguaggi, le sue leggende, i suoi sviluppi politici, le sue genealogie, come pure a chi apprezza soprattutto il succedersi, qui continuo, incalzante di episodi, personaggi, eventi tragici, grotteschi, patetici. Dove i racconti sono rimasti allo stato frammentario, le lacune sono state colmate dal figlio dello scrittore con spiegazioni, chiarimenti, rimandi alle opere già note; la partecipe traduzione di Francesco Saba Sardi ha zontribuito a sciogliere i nodi di un testo spesso arduo.
Questo, che è l'estremo e postumo messaggio del grande scrittore inglese, è dunque il fastigio che corona splendidamente l'edificio narrativo e filologico del "creatore di un intero mondo" (Auden). Nani, elfi, il Signore Oscuro e il drago Glaurung, uomini buoni e cattivi, orchi, eroi e vigliacchi, guerrieri e maghi, briganti e navigatori, re e regine, per l'ultima volta sfilano sotto lo sguardo incantato del lettore-spettatore, concludendo l'enorme ciclo del suo indimenticabile
epos.


Racconti ritrovati, 1983
"Preparati ad ascoltare cose che tra gli uomini mai sono state udite prima, e di cui gli Elfi parlano di rado."
Universo fantastico di immagini e di personale mitologia, i Racconti ritrovati segnano l'inizio della creazione fiabesca di J.R.R. Tokien. Vi si trovano, in forma germinale e perciò misteriosa e allusiva, i grandi temi narrativi del cosmo tolkeniano, che accompagneranno poi per decenni la sua straordinaria produzione: la Musica degli Ainur, con la quale il dio supremo dà forma al mondo; i grandi Dèi - gli Ainur appunto - che si innamorano della loro stessa crazione e vi si rifugiano, edificando le dimore leggendarie; la lotta mai conclusa contro Melko, il dio enigmatico e maligno che ha insinuato nell'armonia degli elementi la dissonanza dell'estremo gelo e del fuoco implacabile; l'avvento nel mondo degli Elfi, creature di Ilúvatar, il 'Padre Celeste', destinate a tornare nella patria originaria dopo un viaggio denso di sofferenze indicibili... Nella magica Casetta del Gioco Perduto proprio gli Elfi inscenano dinanzi agli occhi di Eriol, il marinaio assetato di avventura e di antiche conoscenze, queste storie del mondo che precedono la nascita del genere umano. E che rivivono nel suo cuore come sogno di una terra fatata, ma sempre reinventata - o ritrovata - grazie alla fiaba. Iniziati tra il 1916 e il 1917, quando l'Autore aveva solo venticinque anni, i Racconti ritrovati, primo volume di una trilogia che racchiude il nucleo fondamentale della mitologia di Tolkien, sono accompagnati nella edizione pubblicata in Italia dal puntuale commento di Christopher Tolkien, il figlio del grande scrittore, commento che offre la chiave di lettura e l'ideale raccordo con gli altri celebri testi del 'ciclo' tolkeniano, e in particolare con Il Silmarillion.

Racconti perduti, 1984
"Ebbene, ora vi narrerò fatti che avvennero nelle aule i Tinwelint, in verità dopo il sorgere del Sole ma molto tempo prima della mai scordata Battaglia delle Innumerevoli Lacrime."
Il ciclo dei racconti di J.R.R. Tolkien, ormai noto in tutto il mondo, rappresenta la prima opera di grande respiro dello scrittore inglese. Questa serie di storie brevi, iniziata nel 1916, si affianca alla famosa 'trilogia' de Il Signore degli Anelli, che sta conoscendo una rinnovata fortuna presso i lettori, gli appassionati e gli studiosi di narrativa mitologico-fiabesca. Racconti perduti, che fa seguito a Racconti ritrovati, è il secondo volume che Christopher Tolkien ha ricavato da vecchi quaderni appartenuti a suo padre. Alcune di queste storie si richiamano direttamente a opere come Il Simarillion, mentre altre esistono solo come schema o appunto che Christopher ha raccolto e analizzato per ricostruirne poi la forma definitiva.. Fra le vicende riunite nel presente volume spicca 'Il racconto di Tinúvel': è l'intrecco d'amore fra la figlia del re degli Elfi, la più bella fra tutte le damigelle, e lo Gnomo Beren. Intanto il popolo dei boschi deve controbattere il dilagante potere del malvagio Melko. Nel racconto 'Turambar e Foalóke', l'eroico Uomo Úrin resiste a Melko, il quale si vendica costringendo a una sorte maligna la sposa e i figli di Úrin. Ne 'La caduta di Gondolin', gli Gnomi vivono in una città segreta, al sicuro dalle minacce di Melko. Ne 'La Nauglafring', Úrin recupera un tesoro dal quale nasceranno splendidi gioielli, fra cui la favolosa ma nefasta Collana dei Nani che contiene il Silmaril di Beren. Il volume Racconti perduti riunisce anche altre vicende e brani di narrazione ed è arricchito dai commenti e dalle note di Christopher Tolkien. Si accresce così il valore di questa raccolta, che rappresenta una nuova pietra miliare nella narrativa Fantasy del Ventesimo secolo.

 

Il 18 settembre 2006 è stato annunciato un nuovo romanzo di Tolkien, I figli di Húrin, che è stato completato dal figlio Christopher in 30 anni di lavoro. Il romanzo è stato poi pubblicato in Italia nell'ottobre del 2007.
La vicenda narrata ne I figli di Húrin è smisuratamente anteriore agli anni intorno al 1420 della Terza Era della Terra di Mezzo in cui si colloca la vicenda del Signore degli Anelli: una catena di generazioni e di ere, migliaia d'anni. Si sprofonda a ritroso nella preistoria, e se la vicenda di Bilbo, di Frodo e di Aragorn è un mito, qui approdiamo al mito del mito.
Qui si narra della genealogia di Hador, da cui discendono gli eroi di Dor-lòmin, della tragica Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, delle nozze di Hùrin e Morwen e del destino di Tùrin loro figlio. Lasciata l'ultima pagina dei Figli di Hurin il lettore potrà ritornare alla rilettura del Signore degli Anelli scoprendo nuove e prima inavvertite vie d'accesso.